Lucia si ingozzava di quella fitta nebbia, mentre in quel silenzio di cotone, camminava veloce per raggiungere al più presto la sua casa. Era appena scesa da quell’autobus, che era sempre lo stesso, dove nessuno parlava e soprattutto dove nessuno guardava fuori dai finestrini, i quali in inverno si presentavano sempre appannati e tristemente “decorati” da alcuni disegni dai tratti infantili, eseguiti con il dito sul vetro da qualche passeggero annoiato. Come rivedere lo stesso film ogni giorno , l’assuefazione totale alla monotonia di quella strada di ritorno che era sempre uguale. Lucia finalmente arrivò alla sua fermata e scese. La donna in quel frangente si poneva sempre le stesse domande : “ Chissà se rimane qualcosa del nostro vissuto dopo che abbiamo camminato tutte queste volte su queste stesse lastre di porfido? Chissà se qualche nostro pensiero riesce a rimanere sospeso nell’aria? Chissà se i nostri sogni possono così resistere nel tempo svolazzando tra questi palazzoni, alla ricerca di qualcuno che possa catturarli un domani con un meraviglioso slancio di sensibilità in più ?”
Lavorare, mangiare e dormire diceva a se stessa.
Lucia non era per niente felice della sua vita, era sempre sola. Entrò nell’androne del condominio dove viveva. In un angolo c’era una pianta finta, in alto una luce al neon e di fronte alla porta uno zerbino ormai consumato e perennemente storto. Lucia, una delle tante vite difficili. Lei si era innamorata una sola volta, lui si chiamava Franco. Si erano frequentati per quasi quattro anni, poi lui era partito per andare in Polizia e si era trasferito a Roma. Così il cuore di Lucia si era spezzato per sempre e da allora non aveva più cercato nessuno. Lei si era molto chiusa in se stessa, forse incapace, forse fragile e forse piegata di fronte alla difficoltà di trovare una soluzione.
Lavorare, mangiare e dormire.
Prima di andare a letto, osservava dall’alto del sesto piano, la sua città. Ferrara non era la Ferrara di quando lei era bambina. I suoi genitori erano morti, i suoi amici d’infanzia si erano persi per la strada. Si ricordava la fanciullezza, di quando girava come una trottola vicino al Duomo il giorno della festa di S. Lucia. Quel giorno la città era tutta illuminata dalle luci di quelle bancarelle imbandite di dolciumi, vestiti colorati e tanti giocattoli. Allora era felice ed amava ancora sognare. Camminava con i suoi genitori in mezzo a tutta quella gente con i volti nascosti da quelle grosse sciarpe bianche, con le mani piene di sacchetti ricolmi di regali.
Adesso era tutto cambiato, si avvicinava il Natale ed il famigerato ultimo dell’anno. Erano i due giorni che più di tutti le incutevano il maggior terrore ed avevano il potere di peggiorare ancora di più il grado della sua malinconia. “Cosa fare? Chissà Franco? Si sarà sposato? Dove vivrà?” A volte c’è bisogno di alcuni interrogativi come questi, anche per sentirsi un po’ meno soli. Lucia aveva dieci giorni di vacanze. Quando non sapeva cosa fare, prendeva la sua piccola automobile e girava intorno alla città per dieci o anche quindici volte , osservando i luoghi che conosceva molto bene e dove era stata da piccolina. Un po’ come al cinema rivedeva il film della sua vita, riusciva con i suoi ricordi e con un po’ di immaginazione, a rivivere i momenti passati come se non fossero mai passati. Che altro si può fare? Quel giorno però decise di uscire da quella circonvallazione e di andare verso Bondeno, una simpatica cittadina vicino a Ferrara. Lucia voleva passare davanti alla casa dove abitava Franco quando i due stavano insieme. Ricordi arrugginiti . Dopo alcuni chilometri però incappò in un posto di blocco della Polizia e si ritrovò una paletta davanti al parabrezza . Sul lato della strada c’erano due auto della Polizia Stradale, un furgone bianco fermo, quattro agenti e due ragazzi un po’ malvestiti . Appena scesa dalla macchina, Lucia riconobbe subito la voce di Franco che con tono perentorio diceva ai due giovani del furgone che avrebbe sequestrato il loro mezzo, i cani e che sarebbero stati denunciati per traffico illegale di animali. Lucia istintivamente si sporse all’interno del portabagagli del furgone e vide una trentina di meravigliosi cuccioli di cane molto piccoli, probabilmente di appena una quarantina di giorni; alcuni erano morti. “Che delinquenti!” pensò subito. Franco vide Lucia ed una volta superata un certa perplessità iniziale, abbracciò la donna dopo averla raggiunta con passo veloce. Lei si sentì quasi male perché era da circa dieci anni che non riceveva attenzioni di questo genere.
Lavorare, mangiare e dormire.
I due riuscirono a scambiare qualche parola. Franco si era sposato, aveva due figli ed era da poco tornato a Ferrara dopo vari trasferimenti in tutta Italia. Lucia era molto agitata perché ormai non si aspettava più niente dalla vita e questo incontro inatteso aveva scombussolato il suo stato d’animo. Dopo poco, Franco senza essere visto, chiamò Lucia e le infilò nella giacca un cucciolo di Bouledogue Francese bianco e nero, quasi per aiutarla ad uscire da quell’evidente stato di confusione. Subito dopo i due si congedarono con alcune frasi banali che non avevano nulla a che fare con quello che si dicevano una volta. Un attimo più tardi , Lucia rientrò a casa sua con questa meravigliosa ed innocente creatura che nel frattempo si era addormentata vicino al suo cuore. In quella giornata strana era riuscita a dare una risposta a tutte quelle domande che da anni le facevano compagnia alla sera; ora si trovava con questo piccolo angelo sul divano.
Lavorare, mangiare e dormire.
Alla donna bastava solo guardare il suo nuovo amico finché respirava e dormiva per sentirsi più felice. “Forse la vita toglie per poi restituire” pensava Lucia mentre osservava quel cagnolino che sembrava un bambino. Proprio dal suo Franco era arrivato questo dono. Il giorno successivo un veterinario visitò il cucciolo e una volta verificato il suo buono stato di salute concordò con la nuova proprietaria una serie di appuntamenti per sistemare ogni cosa relativamente alle vaccinazioni. Con l’occasione diede a lei ottimi consigli su come educare e nutrire il cagnolino. Il veterinario salutando la nuova cliente le disse : “ Le raccomando molto di seguire con amore e dedizione questo meraviglioso cucciolo, non lo lasci troppo tempo da solo in casa e lo accudisca per tutta la sua vita con lo stesso affetto.”
Lavorare, mangiare e dormire.
Lucia tornò a casa pensando al nome giusto da dare al nuovo arrivato. Alla fine dopo avere osservato il calendario e tutti i nomi dei Santi decise di chiamarlo Gino, un nome che da bambina la faceva ridere.
La donna cominciò a sistemare la casa, che da molto tempo risentiva di una sua svogliatezza dovuta alla sua mesta inquietudine.
Ogni dieci minuti controllava il suo Gino. Lucia non si sentiva più sola.
Lavorare, mangiare, dormire, amare ed essere amata dal primo fino all’ultimo respiro.